I problemi del Pronto Soccorso di Varese sono stati recentemente sollevati, tra gli altri, da due persone assai note in città. Il prof. Minazzi e la dr.ssa Bottelli, nei loro campi, la filosofia e la pediatria, hanno dato prova di grande valore. E’ facile supporre che problemi simili abbiano coinvolto persone meno conosciute o indisponibili a renderli pubblici. Le difficoltà del Pronto Soccorso non sono nuove.
Il 7 settembre 1999 “La Prealpina” titolava in prima pagina: “Pronto Soccorso allo sbando.” Avevo deciso di entrare a gamba tesa, da consigliere regionale, superando comprensibili prudenze, colpito dalla drammatica vicenda di una diciannovenne di Brunello che perse la vita, dopo sei ore di permanenza al P.S.
Alla denuncia forte feci seguire una proposta: accelerare l’utilizzo dei 206 miliardi, di lire, che il Governo aveva destinato, a marzo di quell’anno, per realizzare il nuovo Ospedale di Circolo. Un anno prima, il 14 luglio 1998, il Ministro Luigi Berlinguer aveva istituito l’Università dell’Insubria. I Governi di centrosinistra, insomma, avevano consegnato alla città risultati storici. Negli anni seguenti, al di sopra del Po, si è stati all’altezza di quelle decisioni? Ho lavorato per dieci anni, 1984/1994, nella banca all’interno del Circolo. Ho avuto la fortuna di conoscere il dream team guidato da Ermanno Montoli. Luschi, Butelli, Marchiò, Rampi, Chiappulini e tanti altri medici e infermieri. Nomi che, forse, oggi dicono poco, ma che erano le colonne portanti di un P.S. che lavorava con competenza e umanità. Altre figure, altrettanto capaci, si sono succedute in seguito, ma non c’è dubbio che la squadra di Montoli era un po' come il Milan di Sacchi.
Il Circolo disponeva di autentici giganti anche in cardiologia, cardiochirurgia, neurochirurgia, chirurgia, rianimazione, nefrologia, geriatria, otorinolaringoiatria, pneumologia, radiologia, fisica sanitaria, geriatria, maternità(mi piace usare questo termine). Primari e medici, persone di cultura a partire dal Direttore Sanitario Giorgio Bignardi, alle quali sono infinitamente grato per ciò che mi hanno insegnato. Ho imparato da loro, per esempio, che il “fenomeno” in sala operatoria serve a poco se non può disporre di un sistema di servizi, trasfusionale, laboratorio, radiologia, che funziona bene. Nessuna nostalgia, intendiamoci, ma quei personaggi, protagonisti della medicina e della vita culturale cittadina, mi hanno fatto amare profondamente il nostro Ospedale di Circolo. Eh sì. Non si può pensare di risolvere il problema del Pronto Soccorso, oggi, senza rimuoverne le cause di fondo. La carenza di posti letto che non dà sbocchi. Un nuovo rapporto di collaborazione con i medici di base e il territorio. L’istituzione di ospedali di comunità. Un controllo corretto del rapporto pubblico/privato. Il privato ha una funzione preziosa, ma che deve essere di integrazione e non di sostituzione del pubblico. Troppe chiacchiere inconcludenti sulle code per visite, esami, ricoveri. Che riguardano non solo patologie gravi. Quanto deve aspettare un bambino per essere operato alle adenoidi? E’ un problema piccolo, ma per lui o lei è un disagio grande che può durare più di un anno. Troppa retorica sulle eccellenze che richiederebbe un bilancio onesto sul rapporto Ospedale/Università. Altrimenti quando il primario di ematologia, professionista di valore, lascia recentemente il Circolo per una realtà milanese, cala un silenzio imbarazzante. Ancora non si è compreso che i giovani medici vanno a fare pratica dove c’è un maestro di valore? Va premiata la professionalità mettendo tutto il personale, medici, infermieri, ausiliari, tecnici, amministrativi, nelle condizioni di svolgere il loro lavoro con serenità e compensi adeguati.
E qui deve intervenire un protagonista che in questi mesi si è distinto soprattutto per il suo silenzio assordante: la Regione Lombardia. Si lasci perdere la stucchevole pratica dello scaricabarile. La Lombardia, dal 1995, da 28 anni, è governata dal centrodestra e dalla Lega. Si prenda, finalmente, le proprie responsabilità. Con riflessioni e, conseguenti, decisioni radicali. C’è chi ha invocato un direttore generale varesino come soluzione a tutti i problemi. Da convinto federalista, penso sia una ingenua illusione. Conta la qualità, non la residenza. Carlo Lucchina e Walter Bergamaschi, l’uno varesino, l’altro no, sono stati due ottimi direttori generali. Altri meno. Dopo avere ceduto alla ondata demagogica, anche nel mio campo politico, “fuori la politica dalla sanità”, non sarà il caso di fare un bilancio dell’esperienza concreta? Il D.G., uomo solo al comando, non è indotto a risparmiare e a tagliare, perché, così, avrà un vantaggio economico personale? E a rispondere ai politici che l’hanno nominato? Riproporre i c.d.a. nelle aziende ospedaliere è un sacrilegio? Quale è quell’azienda privata che, con bilanci simili a quelle ospedaliere, è priva di un consiglio di amministrazione? E’ blasfemo ritenere che i bilanci e le risorse per le aziende ospedaliere tengano conto delle condizioni particolari degli ospedali di confine?
E’ superfluo sottolineare che, nel frattempo, almeno i problemi logistici e di rispetto della privacy al P.S. possono essere facilmente risolti.
La legge 833 del 1978 ha rivoluzionato la sanità in Italia. Si sottolinea, giustamente, il contributo della grande Tina Anselmi, Ministra della Sanità in quel tempo. Desidero ricordare che il relatore del provvedimento al Senato fu Gaetano Merzario, senatore eletto a Varese, punto di riferimento di numerosi operatori sanitari, un maestro per molti di noi. Un personaggio popolare, ironico, competente, intelligente.
Sarebbe importante che il Presidente della Regione Lombardia e tutti coloro che si occupano oggi di sanità, si ispirassero ai suoi insegnamenti. Certo io non l’ho mai sentito dire: cosa farò io? L’unico suo assillo era lavorare per garantire il diritto alla salute a tutti. A partire dai più poveri e non solo, perché, curarsi, non può essere un lusso. E’ un concetto richiamato più volte dallo stesso Papa Francesco. Mi auguro che in un giorno speciale come la Pasqua tutti possano riflettere sul valore di questo messaggio.
Daniele Marantelli
La Prealpina, 8 aprile 2023