La finanza comanda, i tecnici eseguono, i politici fanno interviste. Democrazia e diritti individuali, in Occidente, sono ancora conciliabili tra loro?
Una convinzione ed una domanda che, da anni, pongo anche ai lettori de La Prealpina. La pandemia ha sconvolto il mondo. La guerra scatenata dalla Federazione Russa in Ucraina, oltre agli intollerabili massacri, fosse comuni, influisce sulla vita di miliardi di persone in tutto il pianeta. La tragedia sulle spiagge di Cutro, con il dolore infinito per i corpi senza vita, le bare bianche dei bambini, il cinico scaricabarile delle responsabilità, costituisce una macchia indelebile per l’umanità. Eppure si ha la sensazione che si proceda, a partire dall’Europa, con i riti impotenti del passato. Eppure l’Europa è la culla della cultura del dubbio. Ci ha insegnato, per esempio, che il sonno della ragione genera mostri.
Combattere le disuguaglianze, restituire dignità al lavoro, contrastare i cambiamenti climatici, battersi per la pace, sono i pilastri sui quali Elly Schlein si è appoggiata per candidarsi alla guida del Pd. Una proposta semplice e convincente. Ha vinto le primarie per questo e perché in Italia, da circa trent’anni, lo schema “nuovo/vecchio” ha successo. Erano nuovi Berlusconi, Renzi, Grillo, Salvini. E’ nuova, per ora, Giorgia Meloni. Alle primarie lei era il nuovo. Guai, tuttavia, se non saprà interpretare correttamente quel messaggio. Declinando in un programma comprensibile quei pilastri. Vale per lei, per una persona che stimo come Stefano Bonaccini, vale per tutti. Cambiamento, volontà di sconfiggere la rassegnazione, un inevitabile tasso di populismo: ci sono molte ragioni che hanno spinto oltre un milione di persone a partecipare alle primarie. Ciò richiede un’analisi differenziata, a partire dall’efficacia dell’opposizione al Governo Meloni. Accadrà? Speriamo. Quanto è durata la riflessione sulla drammatica astensione alle recenti elezioni regionali? Mezza giornata. Il giorno dopo tutti concentrati sugli effetti del Festival di Sanremo e sui punti di penalizzazione inflitti alla Juventus. In Lombardia i consensi alla nuova segretaria del Pd sono stati tra i più alti d’Italia. Eppure due settimane prima il centrodestra aveva vinto nettamente le elezioni regionali. Il 60% non si è recato alle urne? Pazienza.
Invece è lì che bisognerebbe accendere i riflettori. Disuguaglianze e inflazione non sono termini astratti. Riguardano la vita delle persone, delle famiglie, delle attività economiche. L’inflazione a due cifre colpisce stipendi, pensioni, risparmi. Fa aumentare il costo del denaro e, quindi, penalizza le iniziative imprenditoriali. Negli scorsi mesi il centrosinistra lombardo è ricorso alla solita giaculatoria: vinciamo nei comuni, quindi la regione è contendibile. Da gran tempo pongo il seguente quesito: perché il centrosinistra vince le amministrative e perde regolarmente le regionali? La risposta, mai cercata, è cruciale. Fossimo meno provinciali non sarebbe difficile paragonare Milano e la Lombardia a Monaco e alla Baviera. Monaco è stata amministrata più volte dalla Spd, ma la Baviera è saldamente governata da Cdu/Csu.
Le radici della Lombardia sono: cultura del fare bene il lavoro, della piccola proprietà, del risparmio, dell’iniziativa individuale, della solidarietà, dell’autonomia. Fino a quando le forze progressiste non sapranno rappresentare queste radici popolari delle “Lombardie” (area metropolitana, pedemontana, padana) nella regione più avanzata e popolosa del Paese saranno sempre minoranza culturale, quindi politica. Senza un reale consenso in Lombardia e in Veneto si possono vincere le politiche, ma, come dimostrano le cadute di Prodi nel 1998 e nel 2008, non si governa l’Italia.
Il ruolo dei partiti dovrebbe essere quello di formare la classe dirigente e di selezionarla. Se la prima non la fai e la seconda la deleghi alle primarie, a che servono i partiti? Se si vuole combattere davvero la sfiducia dei cittadini è necessario rivoluzionarne l’organizzazione. Stando nel mio campo propongo, purtroppo inascoltato da anni, un’organizzazione federale. Per battere degenerazioni correntizie che mortificano il merito e premiano i professionisti dell’opportunismo e del gattopardismo serve un’organizzazione federale. Cosa è? Semplice. Una forza che ha valori comuni (libertà, uguaglianza, transizione ecologica, solidarietà, pace) da Livigno a Lampedusa, ma che ha autonomia nei programmi, nelle alleanze e nel finanziamento. L’unità di un partito è importante, ma non basta. Per questo servono nuove energie. Altrimenti si resta nelle propaganda.
Qualcuno dotato di un certo senso dell’umorismo ha detto che a Varese la Schlein ha vinto grazie ai giovani, alle donne e a Marantelli. Anche a Varese i giovani e le donne sono stati determinanti. Senza sangue nuovo e senza parità di genere non si cambia la società. Chi ha esperienza e cultura politica, tuttavia, ha il dovere di invitare a studiare l’età dei partecipanti alle primarie. Ancora. La partecipazione va valorizzata, consapevoli, tuttavia, che nelle nostra Provincia ha votato poco più di 1/100 della popolazione. Anche a questo serve un partito federale, popolare, progressista, di cui l’Italia è priva. Come tante persone semplici, sono stato a votare al gazebo mosso da un’ambizione molto grande: contribuire a lasciare ai miei nipotini un mondo migliore di questo.
Daniele Marantelli
da La Prealpina, 7 marzo 2023