Qualche giorno fa è arrivata, forte e bruciante, l'analisi del CENSIS. Descrive un Paese impaurito e rancoroso. Dopo due giorni di bombardamento mediatico, tutto archiviato. Il rapporto CENSIS dovrebbe, invece, essere studiato a fondo. Chi ha legami con il territorio e conduce una vita normale, usa mezzi pubblici, parla con sindacalisti e operai, con piccoli imprenditori, artigiani e i loro dipendenti, va al bar e allo stadio, accompagna figli e nipoti a scuola, frequenta strutture sanitarie pubbliche, ha ben presente il polso della situazione. Anche senza il prezioso rapporto CENSIS è facile cogliere sentimenti di sfiducia, paura e rancore, anche nella regione italiana più popolosa, moderna e sviluppata. Nella nostra Lombardia.
Qui sta il cuore dei nostri problemi politici. In questa legislatura abbiamo conseguito importanti risultati sul piano dei diritti. Dopo di noi, ecoreati, caporalato, divorzio breve, dimissioni in bianco, codice antimafia, biotestamento. I fondamentali economici dimostrano che l'Italia del 2017 è migliore di quella del 2013.
Crescita, occupazione, tasso di occupazione femminile, export, attrattività degli investimenti. Tutto ciò è dovuto molto all'azione dei governi che hanno avuto nel Pd il perno fondamentale. Ripetere come un robot questi dati non ci aiuta, tuttavia, ad affrontare efficacemente le prossime sfide. I dati macroeconomici sono buoni, anche se permangono incertezze sul futuro delle imprese e preoccupazioni per il potere d'acquisto dei lavoratori, il Pil cresce più del previsto, ma l'economia non è tutto. Questo è il nodo che spiega le difficoltà di rapporto del Pd con la società. È accaduto che un provvedimento storico come il biotestamento, sia stato oscurato e surclassato, nella stessa giornata, dalla miserabile polemichetta sulle banche.
Nell'intervento di agosto mettevo in evidenza un dato che mi colpisce. La gente non sorride più o sorride poco. Eccolo il nodo: l'economia non sempre è in grado di rappresentare la tenuta civile di un Paese. Dobbiamo fare i conti con questa contraddizione. O si riesce a trasmettere a quel 50 per cento disilluso un progetto nuovo per il futuro, di fiducia, di ideali di libertà e uguaglianza, o le prossime sfide saranno condotte a colpi di insulti e di esasperate personalizzazioni, con protagonisti politici che non trasudano grande personalità. E allora: la finanza comanda, i tecnici eseguono, i politici si accapigliano nei talk show. I cittadini e soprattutto i giovani, le maggiori vittime delle nuove forme di sfruttamento, si accorgono e puniscono soprattutto noi. Tanto più con un partito indebolito. Con "un'infrastruttura partito" efficace avremmo potuto e dovuto avere un confronto serrato con i mondi oggetto delle nostre riforme, correggendo quello che andava corretto. Nonostante le risorse notevoli destinate alla scuola, per esempio, ci siamo beccati il più grande sciopero di studenti e insegnanti degli ultimi 50 anni.
Dems nasce per riattivare canali, ponti, con la parte migliore della nostra società. Per fare politica, andando oltre slogan e luoghi comuni. Quel che è fuori di noi lo chiamiamo quasi sempre populismo. Pigrizia imperdonabile. A Coblenza, nello scorso febbraio, si sono incontrati i nazionalisti, non i populisti. Salvini, Le Pen, l'Afd tedesca, esponenti polacchi, olandesi, ungheresi, alcuni con posti chiave di governo come in Austria. Salvini, infatti, sta facendo da settimane campagna acquisti di neofascisti famosi e meno famosi. Per noi si apre un enorme spazio di iniziativa politica. La Lombardia è antifascista. Qui la cultura della libertà, del fare bene un lavoro se no non è lavoro, dell'innovazione, del risparmio, della piccola proprietà, della sussidiarietà, della solidarietà, ha radici profonde e popolari. O noi le sappiamo interpretare e rappresentare o l'Italia non cambierà. È una sciocchezza lasciar correre che Berlusconi vince da vent'anni. Nel 1996 e nel 2006 l'Ulivo e il Centrosinistra vincono le elezioni politiche, ma, questo è il punto, perdono nettamente in Lombardia e Veneto. Puoi avere una maggioranza parlamentare, ma con queste regioni "contro", non governi.
Le divisioni nel Centrosinistra pesarono. La lezione non è servita. Il voto recente in Sicilia e a Ostia ci dice che l'elettorato di Centrosinistra sceglie, a modo suo, il voto utile. Dobbiamo scongiurare per la sinistra il pericolo dell'irrilevanza. Non so se il nuovo partito di Grasso, LeU, sceglierà la subalternità al Movimento 5 Stelle. So che il Pd non deve essere e nemmeno apparire subalterno a nessuno. Men che meno a Forza Italia. Quando si è in battaglia bisogna combattere. Se questo è il senso dei recenti inviti di Renzi all'unità del partito non si può che essere d'accordo. Lo stato di salute del Pd però non è dei migliori. Esserne consapevoli, correggere quello che non va, non significa essere rassegnati. È il contrario.
Andrea Orlando non si è candidato al congresso per vanità. Lo ha fatto per salvare il Pd e perché vuole bene al Pd. Le proposte avanzate sabato scorso a Roma all'assemblea di Dems nascono dalla convinzione che le ragioni fondative del Pd non sono venute meno. Unire: Nord e Sud, imprenditori, lavoratori autonomi e dipendenti, intellettuali e persone semplici. Sconfiggere le disuguaglianze e ridurre le distanze nella società deve essere il DNA del Pd e del suo programma. In tutti i campi. Istruzione, Lavoro, Sanità, Ambiente, Infrastrutture. Anche in Lombardia.
Giorgio Gori è un ottimo candidato. Occorre lavorare per rendere ancora più forte il suo progetto, superando divisioni che non hanno giustificazioni. Mi auguro che tutto il Centrosinistra, LeU compreso, e le migliori energie civiche siano pronti ad una sfida comune. La Lombardia è cambiata. In meno di vent'anni la popolazione è passata da poco più di 8 milioni ad oltre 10 milioni di abitanti. Questo ha modificato le "Lombardie". Metropolitana, Pede-montana, Padana. Ha modificato rapporti fra città e comuni su temi sensibili come l'immigrazione, il lavoro e la sicurezza.
Le prossime sfide non esauriranno i nostri compiti. Anzi, sempre più avremo bisogno di un partito che non si esaurisce nella dimensione istituzionale. Dovremo rilanciare il centrosinistra in vista delle sfide amministrative di primavera, recuperando rapporti anche dove si sono prodotte divisioni.
Negli ultimi 20 anni il mondo non ha mai conosciuto trasformazioni così profonde dai tempi delle scoperte geografiche. È la cosiddetta globalizzazione. Nulla rispetto a ciò che accadrà nei prossimi 20. Diritti e democrazia sono ancora conciliabili fra loro? Questa domanda diventerà sempre più radicale di fronte agli imprenditori della paura che crescono in Italia e in Europa. Il Movimento 5 Stelle che ipotizza l'uscita dall'euro è questo. La Lega che strumentalizza un fenomeno epocale come l'immigrazione è questo. Salvini e Di Maio nei mesi scorsi non si sono ripetutamente recati a Mosca per turismo, per acquistare vodka o matrioske.
Il Pd dovrà battersi apertamente per un'Europa federale, dei popoli. L'Europa è il più importante presidio dei diritti civili e sociali esistente al mondo, a partire dai diritti delle donne e della dignità del lavoro. Questo patrimonio, dopo settant'anni di pace, non va sprecato. Come non vanno dispersi gli sforzi che abbiamo fatto per sconfiggere la più grave crisi economica del dopoguerra. Se sapremo trasmettere, con forza e sobrietà e senza nervose supponenze, questo messaggio, sono convinto che i cittadini e anche i giovani ci capiranno.
Daniele Marantellii