Lunedì 29 ottobre sono intervenuto all’assemblea dei dipendenti degli enti previdenziali varesini, i lavoratori di Inps, Inail ed Inpdap, preoccupati per i tagli che aspettano i loro stipendi. Una questione giocata anche sulle parole: il taglio, infatti, riguarda quello che viene definito “salario accessorio”. Sembra qualcosa di trascurabile, invece si tratta di circa il 20% delle loro buste paga. Soldi che, a fine mese, per una famiglia possono fare la differenza, eccome.
Gli ultimi provvedimenti del Governo, soprattutto quelli contenuti nella legge di stabilità, sono da cambiare e già il Pd ha chiesto con forza che vengano introdotte delle modifiche, soprattutto per i provvedimenti che colpirebbero i ceti medi e popolari, come il saldo tra un punto in meno di Irpef e uno in più di Iva, che vede solo alzare i prezzi per i meno abbienti, o le nuove norme sulla scuola, che andrebbero a complicare una situazione già critica.
All’assemblea Univa a Malpensa Fiere, due anni fa, si parlò di una luce in fondo al tunnel, di come la fase più nera della crisi economica fosse già passata. Ero stato attaccato per aver cercato di guardare le cose con obiettività, dicendo che il peggio era ancora da venire. Oggi i fatti e i numeri mi danno ragione, e non c’è più tempo da perdere.
La legge di stabilità è all'esame delle commissioni, il tema posto dai dipendenti statali riguarda la commissione lavoro e poi la bilancio. È stato giusto, però, partecipare alla loro assemblea, perché ho potuto raccogliere le loro preoccupazioni, per studiare un emendamento da presentare nei tempi giusti. Ho trasmesso immediatamente le loro proposte ai miei colleghi della commissione lavoro. Ci sarà da superare le forche caudine delle coperture e del parere della Ragioneria Generale dello Stato.
Quello che va corretto in ogni caso è la logica di alcune proposte del governo: finché ci sono state le monete nazionali, erano quelle a venire svalutate. Oggi, quello che viene svalutato è il lavoro: una tendenza, per noi, inaccettabile e da invertire quanto prima.